ɃḺϴɃ Giudecca

Laboratorio Culturale Autogestito

 
Gardening
 

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Ortaggi Selvaggi
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In tutta la città si diffondono opere pubbliche autogestite. E' anche nella crisi di credibilità dello Stato, e dello stato del presente, che sorge questa nuova carica all'autogestione del pubblico. Presto dopo l'abisso dovremo gestirci i mezzi pubblici e persino gli ospedali... Ma oggi iniziamo dagli orti, gli orti selvaggi, non normalizzati, le aiuole occupate di autarchica memoria. I garibaldini dell'orto seminano, falciano, raccolgono, puliscono, vogliono far uscire la gente dai balconi, fargli portare il divano in strada. Perchè per gestire tutto bisogna allenarsi con qualcosa. Uscire dalle case in cui gli anni ottanta ci hanno confinato. Sono normalizzabili, normalizzati? Fanno la carta bollata dell'autogestione?
 
 

"I giardini del Lower East Side di New York contengono tutto ciò che basta per raccontare la situazione attuale delle grandi città [...] La bellezza è possibile solo come forma di left out, di qualcosa che è stato casualmente dimenticato, come bellezza appare ove meno te l'aspetti [...] nella gioia dell'occupazione di marciapiedi da parte di sedie, tricicli, bambini. [...] C'è nella non determinatezza, nell'ingenuità di questi spazi tutta la carica del riprendersi il mondo che sempre più repressa e censurata è una delle radici della civiltà urbana [...] Una carrellata impressionante di creatività, di soluzioni spaziali provvisorie, di marginalità e attivismo urbano [...] Spazi residuali strappati per un pò alla speculazione [...] anche se alcuni di essi possono essere assorbiti nell'ufficializazzione degli spazi urbani è proprio per questo che smettono di avere il loro più intimo significato. Gli orti urbani hanno senso proprio nel continuo lavorio ai fianchi della città normativizzata, e proprio per questo sono destinati a sparire ed apparire altrove [...] Sono 'normali' è quello che la gente fa tutti i giorni per riappropriarsi degli spazi urbani [...] Si tratta di affinare lo sguardo e non credere che gli orti urbani siano divertenti eccezioni, ma che accanto ad essi sono mille i modi in cui la stessa Manhattan, trasformata in vetrina per gli euroconsumatori viene riscattata dalle ragioni forti della quotidianità degli abitanti [...] architetti planner e amministratori credono di intervenire e gestire la parte conscia di una città; e invece la città viva è quella dove edifici, strade, monumenti sono vissuti come inconscio, come dato che viene rielaborato dall'inconscio collettivo." Franco La Cecla

 
 
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