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"I giardini del Lower East Side di New York contengono tutto ciò che basta per raccontare la situazione attuale delle grandi città [...] La bellezza è possibile solo come forma di left out, di qualcosa che è stato casualmente dimenticato, come bellezza appare ove meno te l'aspetti [...] nella gioia dell'occupazione di marciapiedi da parte di sedie, tricicli, bambini. [...] C'è nella non determinatezza, nell'ingenuità di questi spazi tutta la carica del riprendersi il mondo che sempre più repressa e censurata è una delle radici della civiltà urbana [...] Una carrellata impressionante di creatività, di soluzioni spaziali provvisorie, di marginalità e attivismo urbano [...] Spazi residuali strappati per un pò alla speculazione [...] anche se alcuni di essi possono essere assorbiti nell'ufficializazzione degli spazi urbani è proprio per questo che smettono di avere il loro più intimo significato. Gli orti urbani hanno senso proprio nel continuo lavorio ai fianchi della città normativizzata, e proprio per questo sono destinati a sparire ed apparire altrove [...] Sono 'normali' è quello che la gente fa tutti i giorni per riappropriarsi degli spazi urbani [...] Si tratta di affinare lo sguardo e non credere che gli orti urbani siano divertenti eccezioni, ma che accanto ad essi sono mille i modi in cui la stessa Manhattan, trasformata in vetrina per gli euroconsumatori viene riscattata dalle ragioni forti della quotidianità degli abitanti [...] architetti planner e amministratori credono di intervenire e gestire la parte conscia di una città; e invece la città viva è quella dove edifici, strade, monumenti sono vissuti come inconscio, come dato che viene rielaborato dall'inconscio collettivo." Franco La Cecla