Audace nemico, ora ti parlo. Ti parlo, perchè ormai tu sei in me, la tua immagine è stata costruita, per uso e consumo delle mie paure che si selezionano, trovano false conferme, mi circondano ormai di miserie. Il tema di questo ciclo è la costruzione del nemico pubblico, la paranoia che ne deriva, l'innestarsi di una legislazione illiberale, la misera vita dentro e oltre il nostro muro. Una riflessione sul noi, sull'oggi. (I pensieri introduttivi di Zara)
Italia, primi anni '70: alla vigilia delle elezioni un caso di cronaca nera viene gestito ad arte da una campagna mediatica tesa ad ottenere una sorta di isteria collettiva pilotata. La critica alla sottomissione della stampa al potere politico, intenta a soddisfare il protettore di turno, acquiescente e silenziosa dei suoi malaffari, diviene nel film di Bellocchio denuncia di una "dittatura dei media" che distorce la realtà dei fatti, crea artatamente false notizie, diffonde allarmi sociali mirati con effetti devastanti sulla società.
Prima di quattro serate sul tema della costruzione del nemico pubblico, "la costruzione del nemico in cronaca", primo passo per la socializzazione della paranoia.
"Quando il giornalismo si confonde con l’organizzazione della menzogna, costituisce un crimine" (Simone Weil).
Il Nuovo Mondo è da sempre oltre un mare. Una volta approdati, i legami sociali e familiari sono nulla, si viene separati, misurati, numerati, marchiati col gesso. Crialese analizza le genesi del pregiudizio che accompagna da sempre i fenomeni migratori e le dinamiche di inserimento nella società di approdo. Stare al di là della linea bianca.
Terza di quattro serate sul tema della costruzione del nemico pubblico, "l'istituzionalizzazione della diversità".
Angelo: "Ma comè stu to frate?"
Salvatore: "Preciso spiccicato a mia
Angelo: "Ma semu sicuri ri truvallo?"
Salvatore: "Ma certu ti rissi chi è precisu spiccicatu a mia!"
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Il viaggio veso l'Europa degli immigrati centrafricani raccontato dai protagonisti, una moderna odissea attraverso i confini che dividono le due sponde del Mediterraneo. Per la prima volta in un film, la voce diretta dei migranti africani sulle brutali modalità con cui la Libia controlla i flussi migratori, su richiesta e grazie ai finanziamenti di Italia ed Europa.
"Le ripercussioni della violenza di ogni muro di apartheid nelle vite dei singoli".
“Come un uomo sulla terra” è un viaggio di dolore e dignità, attraverso il quale Dagmawi Yimer riesce a dare voce alla memoria quasi impossibile di sofferenze umane, rispetto alle quali l’Italia e l’Europa hanno responsabilità che non possono rimanere ancora a lungo nascoste. Il documentario si inserisce in un progetto di Archivio delle Memorie Migranti che dal 2006 l’associazione Asinitas Onlus, centri di educazione e cura con i migranti (www.asinitas.net) sta sviluppando a Roma in collaborazione con ZaLab (www.zalab.org), gruppo di autori video specializzati in video partecipativo e documentario sociale e con AAMOD – Archivio Audioviso Movimento Operaio e Democratico. (dal sito ufficiale del film)
All'indomani dell'11 settembre Paul e Lana, rispettivamente zio e nipote, si trovano su opposti frangenti. La mente di Paul è sconvolta, la sua patria, la terra per la quale ha combattuto in Vietnam è misteriosamente minacciata da uomini in turbante che si aggirano indisturbati. Lana vive tutta sè stessa nel dare sostegno agli emarginati. Una metafora della società americana in crisi, che Wenders dipinge in bianco e nero, una società paranoizzata dove il nemico è ovunque, è il vicino, è il prossimo.
Seconda di quattro serate sul tema della costruzione del nemico pubblico, "la diffusione della paranoia", passo verso la sua istituzionalizzazione.
"They're trying to destroy our country. They're trying to infect us. I'm not going to let them."