In un quartiere di Napoli, un palazzo crolla a causa dei lavori di demolizione ad esso adiacenti, causando morti e feriti. Ne esce un quadro di speculazione edilizia sul territorio di cui fanno le spese l’ambiente e i suoi abitanti, che verranno costretti ad andarsene. Come nasce un piano Regolatore? Ottima interpretazione di Rod Steiger (il costruttore Nottola), ma il vero protagonista che aleggia su tutto il film è il Piano Regolatore.
Premio European Film Awards 'Felix' 1991 per il miglior film europeo dell'anno e Premio speciale per la giuria a Cannes nel 1991. Dice Ken Loach: 'Quando siamo andati da Channel 4 a chiedere soldi per il film e abbiamo detto che era la storia di un gruppo di operai in un cantiere, si sono messi a ridere e ci hanno cacciato. Siamo tornati e abbiamo detto che si parlava di un cantiere, ma in realtà era un'allegoria della società. Allora sono stati più disponibili. In verità è un film sull'edilizia sociale'. Le difficoltà dell'occupazione nei subappalti edilizi, la solidarietà tra compagni di lavoro. Loach presenta un quadro fosco, frutto delle manovre di liberalizzazione del mondo del lavoro, un quadro nel quale la contrattazione è individuale, le misure di sicurezza nei cantieri inesistenti, il subappalto è spinto all’estremo. Un film che racconta un retroterra che sembra essere lo stesso dei catastrofici incendi alla fenice o allo stucky, una immagine che invita alla riflessione.
Il film, ambientato a Bogotà, racconta la storia di un gruppo di inquilini costretti ad affrontare lo sfratto causato dal processo di rinnovamento edilizio che investe la città. Spinti dalla volontà di rivendicare la propria dignità, i simpatici inquilini riescono a escogitare una sorpresina tutta da scoprire, ritrovando una unità insperata. A tutti è richiesta creatività e capacità di prendere decisioni; un film che mostra allo spettatore l’importanza dell’unità nell’affrontare un problema comune. Lo splendido racconto di una vittoriosa sconfitta...
Proviene dalla sezione "Un certain regard" del Festival di Cannes, ed è tratto dall’omonimo racconto di Arturo Arango, questo film del regista autore di "Fragole e Cioccolato" e "Guantanamera". L’autobus si rompe e la stazione rischia di diventare una prigione per chi non può partire. Invece la stazione diventa metafora del mondo: la difficoltà apre spazio per le relazioni umane. La bellezza sta nello stare insieme costruendosi uno spazio laddove fino a poco prima prevaleva l’individualismo da primi della lista. Un film che mostra quanto il contesto determini il contenuto, quanto sia facile farsi coinvolgere e cambiare il proprio destino insieme agli altri…Costruirsi una casa, dargli un’anima, l’esatto contrario di abitare in luoghi che nascono anonimi e quindi privi di umanità..