ɃḺϴɃ Giudecca

Laboratorio Culturale Autogestito

 

RADIO BAKAN
  Con la radio non si smette di pensare...

 

Un mercoledì ogni tanto, alle ore 20.30
101.500 Venezia
100.400 Mestre.
(dalle freq. di RadioVanessa)

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Radio Bakan è un laboratorio radiofonico attualmente ospitato da Radio Vanessa. La nostra idea è molto semplice, tornare alla radio, perchè con la radio non si smette di pensare. Le puntate di radio bakan sono appuntamenti con l'impossibile. 

 

Da dove iniziare...

Dovete sapere che la nostra avventura inizia nel freddo maggio del 2010 quando avvitammo una lampadina zero watt nel cruscotto di radio vanessa. I quattrocentomila ascoltatori della radio quel pomeriggio impestarono di telefonate i telefonini della telecom per avere i soldi indietro. Felici della riuscita, restammo sul pezzo con spazi zero, avvitandoci di pregnezza; studiammo come misurare col corto metro del giudizio universale l'assenza di spazi tra gli zeri dell'economia. Ebbimo allora 3 ascoltatori. L'auditel non fa per noi. E allora ci imbarcammo. La laguna, il mare. Un caldo importante mercoledì ormeggiammo così la nostra barca bakana sulla stazione balneare degli artispazi. Ci presero subito per folli e ovviamente fummo ricoverati al Manicomio Nautico (d'ora in poi MN). Ma poi l'autoesplorazione lagunare e sopratutto la legge 180 ci riporò fuori, nuovamente liberi, alle soglie del non trasmissibile, laddove sesso e amore si toccano e inseguono in un  tuffo libero. Che liberazione! Ehi voi! Ma che fate laggiù? Chiesero gli impertinenti.. E' novembre e state ancora lì a perdere tempo?

Ed è così che gli impertinenti di Saramago dichiararono di non sopportarci più... presero a pensare di confinarci a distanza. Organizzarono squadracce per trovarci e cacciarci fuori dalla laguna... Lì, in fondo alle valli padane, nebbiati per sempre. Ma come accade, sempre accade in queste occasioni, gli impertinenti capirono di essere vittime di dipendenza, e tornarono a cercarci, come falene nella notte lampade accese, ciechi più dei ciechi di Saramago; (Saramago, vicino a Sacca Sessola) ed accesero la radio, mordendosi la mano, svalvolando come pazzi per trovare  nuovamente i 101.500.

Cercammo allora di capire cosa li avesse catturati nel nostro riblobbico gorgo d'esistere lo capimmo... ma si, era l'acqua! Ciechi come i ciechi di Saramago, come non capirlo prima!? Era già lì, era già nel nome bakano... Fummo così felici della scoperta dell'acqua che nella festa che seguì la goccia fece traboccare il vaso e senza più freni iniziò la nostra esplorazione del non trasmissibile.. Furono puntate di metafore, scivoloni, fischi.Tutto studiato.

Fu a quel punto, ricordo come adesso, anche se in effetti sono passati già cinque minuti, che un vicino fece un foro nel soffitto, infilò una cannula d'acqua e inondò prepotente il nostro studio.... "Ma perchè!?" - "Per il disturbo! Animali!". Il vicino si affacciò ridente come un mangiafuoco dalla finestra, inseguendoci soddisfatto con lo sguardo, insaponandosi le mani nel vuoto per l'efficacia dell'attacco... e quindi, senza resistere alla frase di rito... che dicono sempre i vicini ai disturbatori, anche quando questi non li sentono, "Non avete un futuro! abusivi!"

 
relax

Già non abbiamo un futuro... forse. Forse è solo 'duro il futuro', forse. Ma noi resteremo umani. "Ma quali umani!" gridò Amilcare (così si chiamava l'uomo del tubo) "ridatemi la luce disgraziati!". Come la luce? -Osservammo che aveva la casa al buio- Che c'entriamo noi con la corrente? "non avete futuro!" ribadì il vecchio. "Tutti c'entrano con l'energia".

A quel punto, accecato come i ciechi di Saramago, vicino a Sacca Sessola, cercò ulteriore vendetta. Accese il generatore e lanciò nell'etere un brano dei Molotov! Diavolo d'un vecchio! Nel trambusto generale aprì la porta al piano terra una vecchietta incartapecorita. "Amilcare! Vecchio rincoglionito! Smettila! Lascia stare i ragazzi!" e poi rivolta a noi disse "scusatelo, è mio figlio, ma è vecchio". Ma si, ...non c'è problema nonnina, ci ha inondato, ma.. Hakuna Matata.

"Rancura patata?" ripetè Angelina evidentemente audiolesa. "Voè tirarghe e patate a me fio?". No signora, siamo brave persone, vogliamo bene ad Amilcare... Siamo poeti, siamo operai... "Eh no" gridò Angelina. O poeti o Operai... certi lavori sono incompatibili. Noi per esempio eravamo poetioperai. Ma su Angelina dai, sono dettagli, che dire di quegli altri allora, quelli del Bankistan? Loro sono politici e banchieri, gente coi denti affilati, bacucchi in età pensionabile che giocano col monopoli, ma non a natale coi nipoti, fanno le banche. E infatti tanto giocavano che era finito il panettone.

A quel punto per non disturbare la città decidemmo di andare a vivere nel PAT, il nuovo centro commerciale sulla piattaforma lunare cementata di Tessera-Fritti. Purtroppo era un posto di merda, offriva solo lavori da gaio precari, di quelli che ti vesti da cretino per i turisti e devi ridere con gli stuzzicadenti in bocca. Per noi non era il caso, anche se in fondo c'eravamo quasi ambientati, vivevamo tra le cassette di birra del reparto maternità. Ma il ventinove febbraio, a causa di una anomalia di quelle che il 2012 porta sfiga, il PAT fece crack ed entrò d'improvviso il mare incazzoso a Tessera-Fritti. Fu un ondata pazzesca che mandò persino i galletti congelati nel reparto fumatori, i fusilli tutti sparsi si infilarono nell'immenso reparto pannoloni per mezza età, i birigori (che ancora nonostante un referendum non sappiamo cosa sono) finirono alla rinfusa nel reparto marchingegni. A Tessera-Fritti regnava la melma, un'onda incredibile avveva impastato tutto, la natura stessa si era scaraventata come un Maia di pianeti allineati e incazzosi contro Tessera-Fritti. Accendemmo nelle torbide lagunari l'ultima lampadina tascabile e cercammo l'uscita, ma, accidenti, quelli del PAT avevano nottetempo costruito un muro intorno a Tessera-Fritti e non potevamo più uscire [seguirà] 

 
 
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